– Policy Brief
Questo testo è una sintesi del Policy Brief originale in inglese.
Sommario
La presenza di molti giovani che viaggiano ed entrano in contatto tra loro in spazi chiusi fa delle università un contesto idoneo alla diffusione della SARS-CoV-2. Limitare la diffusione è importante per proteggere dal contagio gli studenti e il personale (specialmente chi non ha ancora potuto essere vaccinato) e per mantenere i campus aperti per le lezioni in presenza, nonché per aiutare a combattere l’epidemia in Svizzera. Le università sono legalmente obbligate a proteggere il personale, tutelando in particolare chi non può essere vaccinato o è immunodepresso.
Una misura ipotizzabile sarebbe quella di subordinare l’accesso agli edifici o ai corsi alla presentazione di una certificazione COVID (vaccino, test negativo o guarigione dal COVID-19). Si tratta di una misura che non rientra nell’ambito della legge o delle ordinanze per il COVID, quindi non è vietata, ma nemmeno autorizzata o obbligatoria. Secondo la lista dell’UFSP, la cui portata giuridica non è chiara, l’impiego della certificazione nel settore dell’educazione rientra nel settore «verde» e non è «previsto». Da un lato, le istituzioni possono decidere di utilizzare le certificazioni COVID sulla base della loro autonomia gestionale e del loro dovere di proteggere gli studenti e il personale. D’altro lato è auspicabile una decisione federale o cantonale per quanto riguarda il coordinamento delle questioni fondamentali riguardanti l’uso della certificazione COVID.
L’accesso all’educazione deve essere mantenuto per tutti. Sono in corso di discussione tre modelli. Il primo si basa sull’uso della certificazione, legalmente accettabile a condizione che gli studenti che non possono essere vaccinati o non possono frequentare le lezioni per motivi medici mantengano l’accesso alla formazione grazie a dei corsi a distanza. Un’alternativa di insegnamento a distanza dovrebbe essere disponibile anche per quegli insegnanti che non possono presenziare per motivi medici. La verifica della certificazione verrebbe fatta, per esempio, mediante controlli a campione; dei test gratuiti consentirebbero di non creare barriere economiche. Proporre sanzioni che siano state discusse con le associazioni studentesche migliorerebbe l’accettabilità e l’efficacia del modello. In alternativa, si potrebbe limitare l’uso del certificato alle attività extrascolastiche (sport, cultura, ecc.) e ad alcuni servizi, come le mense, senza dover ricorrere ad alternative online. E in alcuni casi il certificato sarà obbligatorio sulla base di decisioni federali già esistenti (riguardanti ad esempio discoteche o eventi con più di 1000 persone).
Il secondo modello prevede l’obbligo di indossare la mascherina e mantenere il distanziamento, limitando la capacità delle aule e offrendo lezioni a distanza per coloro che non possono frequentare i corsi in presenza per ragioni mediche o a causa delle limitazioni di capacità.
Con il terzo modello non sono previste tali misure, poiché si avvertono gli interessati del rischio di contagio presso il campus e viene offerto l’insegnamento a distanza, come nel modello precedente.
In ogni caso, va garantita un’efficace aerazione delle aule, assistita da sensori di CO2, così come un facile accesso alla vaccinazione e la possibilità di test regolari.
Date of request: –
Date of response: 20/08/2020
Experts involved: Input from the entire TF, on the initiative of the Ethical, legal, social issues group, with input from Prof Mireille Betrancourt (Educational sciences, UNIGE)
Contact persons: samia.hurst@unige.ch